Il pensiero pirandelliano si fonda sul rapporto tra la Vita e la Forma. La Vita, mobile, fluida, naturale, inarrestabile e la Forma quale insieme dei condizionamenti e degli accordi che la società e noi stessi ci imponiamo costringendoci ad un’esistenza illusoria e dolorosa. La straordinaria produzione dell’agrigentino rispecchia, quindi, quello che accade all’uomo contemporaneo, sempre più riluttante a mostrarsi per quello che è in realtà, difficilmente onesto e limpido nelle relazioni con l’altro e con se stesso.
Ne “LA STANZA DEI SENTIMENTI PERDUTI” Tato Russo racconta come la crescita personale (persona=maschera) ci costruisce una falsa identità dentro la quale ci muoviamo e ci perdiamo, vivendo vite parallele per l’impossibilità di comprendere noi stessi e gli altri.
Nel primo atto una donna sogna, ma forse no, che il marito ha scoperto che lei lo tradisce con un suo ex tornato ricco dall’Oriente. Qui, il tema dell’amore finito è scavato psicologicamente fino all’ossessione. Ma il sogno, o forse no, potrebbe rivelarsi tragico solo in apparenza. Il secondo atto racconta come la pervicace realizzazione di sé possa trasformare vite e sentimenti. Il protagonista attraversa tutta l’Italia, dalla Sicilia alla Lombardia per ritrovare la fidanzata sua promessa sposa, ma giunto al nord scopre un altro mondo, altra gente, altre abitudini. Tutto è così differente dal mondo che lui s’era immaginato e la stessa zia Marta e la sua promessa fidanzata non son più quelle.
I temi trattati nei due tempi hanno, in questo nuovo allestimento, il carattere del paradosso e di una ossessione sul tema che rende i personaggi vulnerabili e in continui atteggiamenti che sfiorano l’ilarità e il riso.